Nel corso del primo modulo di formazione del nostro progetto Migliora 2 con i numerosi partecipanti si è dibattuto a lungo su luci ed ombre dello strumento del tirocinio lavorativo, fino alla sua completa assoluzione, perché, direbbe il giudice, “il fatto non costituisce reato”. Infatti i partecipanti al dibattito, tutte persone altamente qualificate, erano unanime nel ritenere che, se ben interpretato, lo strumento del tirocinio può essere davvero utile e funzionale a progetti di inserimento lavorativo.
A patto che, come sostiene ad esempio Mattia Fasan della Fondazione Comunità Solidale Onlus, chi propone il tirocinio ai beneficiari sia il più possibile chiaro sui suoi scopi: «gli operatori devono essere limpidi sulle caratteristiche che ha un tirocinio di inclusione sociale. Il tirocinio nasce e si fonda come strumento formativo e non come mero rapporto di lavoro. Pertanto non va confuso con quest’ultimo, poiché creerebbe aspettative inesatte sui relativi diritti del lavoratore tirocinante».
Il tirocinio trova infatti i suoi punti di forza nella flessibilità, nel poter interrompere il rapporto da entrambe le parti in qualsiasi momento, nel poter fare delle sospensioni, modellare l’orario. Ma chi usufruisce del tirocinio deve aver chiaro il compromesso a cui aderisce: pagamento esclusivamente in corrispondenza della presenza, nessun diritto a malattia, compenso basso in quanto non si tratta di un vero e proprio stipendio, ma piuttosto di un rimborso spese e riconoscimento dell’attività svolta.
Il tirocinio è una risorsa che permette di entrare in relazione con il mondo del lavoro, ma per poterlo far fruttare al meglio bisogna approcciarlo in modo corretto, altrimenti i rischi di fallimento sono molteplici, da parte di chi ne usufruisce, il tirocinante, e da parte di chi lo mette in atto, l’azienda.
Insomma, se da una parte il tirocinante deve evitare di crearsi false aspettative rispetto allo stipendio o alla velocità d’ingresso nel mondo del lavoro stabile, perché questo potrebbe far nascere insoddisfazione e perdita di efficacia dello strumento, l’azienda deve percepire il tirocinio correttamente, senza mettere in primo piano il potenziale risparmio economico, ma la formazione della persona in arrivo.
«Penso sia compito di noi operatori dare una corretta informazione ad entrambe le parti – continua Mattia Fasan – in modo che il tirocinio possa essere utilizzato nel migliore dei modi, senza far perdere tempo a nessuno, senza il rischio di investimenti fallimentari sin dalla partenza. Perché alla fine se si costruisce una solida base iniziale, possono esserci maggiori possibilità anche per un buon esito finale di assunzione». Anche se, come ricordano i colleghi, la finalità dello strumento del tirocinio rimane la formazione, e non l’assunzione.